Il contemporaneo, dal XX secolo ad oggi, è sostanzialmente universo astratto ( cioè abbandono della rappresentazione ) o sfondamento della tela ( fino al passaggio alla realtà fisica e all’ambiente ) .
Nel caso di Barbara Matera, artista italo americana che si è formata all’ Accademia di Belle Arti di Bologna, l’arte è costituita di frammenti astratti fortemente materici, in uno suggestivo yin e yang in cui spirito e materia, idea e oggetto fisico duellano in uno scontro che è armonioso anche se dinamico.
C’è, nelle sue opere, una tensione cromatica supportata dalla consistenza spessa della superficie, una tensione però priva di pericolo: ci si trova su una corda tesa fra la quiete zen e il movimento delle forze naturali, fra azzurri, blu cobalto e grigi ultramarini che hanno una dimensione di spazio onirico, emotivo, ma noetico e logico allo stesso tempo.
Se prevalga la ragione o il sentimento in un quadro dell’artista è quasi un affare dello spettatore, la sua ricerca si muove e si concentra sui materiali che incarnano l’idea, panorami dell’animo o della mente a seconda di come si voglia leggerli. In una parola è un’arte libera di ‘vagare’, ma che lo fa parlando un linguaggio chiaro, lineare, perfino concreto.
Si è difronte a opere che rimandano a una tela qualsiasi dell’Espressionismo Astratto, di Rothko in primo luogo, in cui vengono in luce, come in quei pittori, le energie primarie, la soggettività dell’autore, una pittura “della profondità” che rinasce attuale e nuova, pur con rimandi inequivocabili a quella scuola newyorkese.
Come in quella scuola, si resta sulla tela ma si tende a uscire oltri i margini, non si esce fuori dal supporto cartaceo, mediante una performance, ad esempio, ma si ‘performa’ sulla carta, si lascia che lo spazio tenda a sconfinare, che il colore goccioli, che i nodi del materiale – feltro si intrichino autonomamente come fili di pensieri sparsi, ma controllati.
Sono opere come campi di energie circolanti, come degli ‘happened’ catturati nel momento della loro epifania, in una fame di sconfinamento a volte evidente, a volte trattenuto ( in linee geometriche lunghe e strette), in una pittura che si cristallizza sul supporto come una perla della collana del tempo bergsoniano, frammenti di un ‘continuo’ che non è spezzato, ma colto in parte .
Gli intrichi filamentosi di feltro, l’ingarbugliamento dei materiali morbidi uniscono la forza dell’emersione di energie profonde primarie ( l’Es di Freud, tout court) alla sussistenza corposa della materia reale che rivendica un posto primario, pulsante quanto le energie eteree della mente e delle emozioni. Gli impulsi emotivi questo significano, letteralmente : muoversi fuori e muovere fuori, incarnarsi in superficie e portare in superficie quelli dell’artista e dello spettatore.
Laureata in sociologia, il rapporto fra gli uomini e fra l’uomo e l’ambiente sono il fulcro tematico della ricerca artistica di Barbara Matera: anche quando resta sulla tela, senza realizzare installazioni o performance o video art di cui si è spesso occupata, il collegamento con lo spazio là fuori, con il mondo reale, con l’ambiente che si vive è dietro l’angolo, oltre il campo visivo e oltre la bidimensionalità della tela.
Per l’artista, l’arte può e deve provocare consapevolezza, cambiamento e porre in relazione persone e cose.
La materia, come nell’Arte Povera, è il primo passo per parlare al cuore dell’uomo e rievocare, portare a galla, causare ‘appartenenze’. Il supporto è carta fatta a mano con lana cardata o in tela di lino e il feltro dai colori lacustri, marini e siderali si appoggia sulla superficie riportando alla luce memorie Rothkiane, ma anche il ‘qui e ora’ di un’estetica quotidiana fatta di stracci, di corde, di sacchi o appunto, semplicemente, di feltro.
Si ricerca un’arte che va all’origine della vita, delle energie che la governano e dell’Io profondo che determina emozioni e azioni dietro le quinte.
Per questo è un’arte che entra sottopelle, che si tocca, che ha spessore ma anche che ‘ci tocca’, aprendo la mente ad infinite connessioni con l’ ‘Oltre’, fatto di fondali marini, di melme lacustri, di cieli, in una parola di Infinito. La natura e i ricordi e i rapporti che l’uomo ha con lei, in tutte le sue sfaccettature, sono il punto di fuga a cui queste opere tendono, con un’ intensa vibrazione di energia in ogni nodo, in ogni intrico, in ogni curva o retta davanti al nostro sguardo.
ROBERTA GUIDUCCI
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